Uno studente alla La Pedrera
Tra il 1980 e il 1984, Casa Milà ospitò l’ICEJ, un’accademia dedicata agli studi secondari e all’accesso universitario.
Non ho vissuto a La Pedrera, ma tra il 1980 e il 1984 ho fatto le scuole superiori all'ICEJ (Centro di Studi Economici), un liceo che si trovava al piano terra sul lato di Carrer de Provença e che occupava l'angolo di Passeig de Gràcia.
Anche se sembra ieri, sono passati alcuni anni e tutto molto è cambiato.
L'ICEJ era un liceo dove all'epoca si frequentavano le scuole superiori e chi aveva più di 25 anni si poteva preparare per l'accesso all'università. ICEJ stava per Instituto de Ciencias Económicas y Jurídicas (Istituto di Scienze Economiche e Giuridiche - NdT). Sembra che in origine fosse una scuola in un'altra zona di Carrer de Provença, dove si tenevano corsi di recupero per studenti di legge ed economia, ma che all'inizio degli anni Settanta si sia trasferita alla Pedrera, dove è rimasta fino alla fine degli anni Ottanta, poco prima delle Olimpiadi.
La prima volta che entrai alla Pedrera nel 1980, sul lato di Carrer de Provença, per prendere il mio certificato d'iscrizione prima dell'inizio dell'anno scolastico, lo trovai un luogo triste e buio. L'edificio non era mai stato restaurato ed era tutto grigio, le serigrafie sui soffitti erano state rovinate e l'edificio, soprattutto all'interno, aveva un aspetto di abbandono e degrado, anche se questa era la tendenza generale degli edifici dell'Eixample prima della campagna "Barcelona posa't guapa" (Barcellona fatti bella - NdT) lanciata dal Comune di Barcellona prima delle Olimpiadi del 1992.
Il corso iniziò a settembre e mi abituai subito all'edificio. La Pedrera era come un castello magico: era un labirinto pieno di angoli e dettagli da scoprire. Seguii il mio primo corso nell'aula all'angolo di Passeig de Gràcia. Il pavimento era in legno, originario dell'epoca di Gaudí, scurito dal passare del tempo. Non c'erano angoli retti sulle pareti e sul soffitto, ogni porta e ogni stipite erano diversi, unici, così come i pomelli delle porte. Le pareti erano dipinte per metà fino al soffitto di bianco e per metà fino al pavimento di marrone scuro. L'illuminazione non era per niente allettante: luci fluorescenti appese a catene agli alti soffitti delle camere, che a volte usavamo come rete per giocare a pallavolo con palline fatte con i fogli di alluminio della colazione. Ricordo che per rilassarmi, tra una lezione e l'altra, con la testa piena di numeri, formule matematiche, fisica e chimica, fissavo il soffitto, che mi sembrava il suolo lunare ma che fungeva da soffitto, pieno di crateri e piccole montagne.
A quei tempi il turismo non era così abbondante come adesso, solo in primavera si vedevano alcuni giapponesi con le loro Nikon e Canon cromate che scattavano foto a destra e a manca; quelli di noi che hanno studiato lì devono essere in molti album fotografici giapponesi.
La scuola non era solo al piano terra. Aveva anche un appartamento al quarto piano. Bisognava salire con l'ascensore, un vecchio e logoro ascensore con intarsi unici, sotto l'occhio vigile e curioso del portiere. Non si poteva scendere con l'ascensore, pena la sgridata da parte del portiere stesso, e si doveva scendere per una scala buia che sembrava una grotta. Io non ebbi modo di studiare al quarto piano, ma uno degli aneddoti che ricordo è che i vicini dall'altra parte del Carrer de Provença chiamarono il preside perché gli alunni lanciavano aeroplani di carta accesi dalle finestre della famosa Pedrera e volavano sopra Carrer de Provença, con grande scandalo e agitazione del quartiere.
Un'altra zona del liceo era il bar. Si trovava nel cortile di Carrer de Provença, in un seminterrato, ed era gestito dall'insegnante di ginnastica e da sua moglie. Era un posto piccolo ma accogliente, con prezzi accessibili per gli studenti. Un giorno dovettero uccidere un topo tra le grida delle studentesse.
C'era anche il seminterrato. Vi si accedeva tramite una rampa tortuosa che portava a un piccolo spiazzo sotterraneo dove si diceva che prima venivano tenuti i cavalli per tirare le carrozze quando l'edificio fu aperto. Mi spiegarono anche che in tempi più recenti c'era stato un mercatino hippy, ma di questo non posso dare testimonianza. Fatto sta che il preside parcheggiava la sua Mercedes nello spiazzo sotterraneo. La rampa era molto buia, nel più puro stile Gaudí, e si arrotolava come un serpente. Sulle pareti c'erano degli specchi, sembra che servissero per aiutare a parcheggiare le poche auto che utilizzavano lo spazio come parcheggio, ma alcuni di essi nel tempo si erano rotti. C'era odore di colla per calzolai, perché in uno degli angoli della Pedrera c'era un laboratorio di calzature, e questo odore e il rumore delle macchine erano costanti. Allora nel seminterrato la scuola aveva la sala delle assemblee e i laboratori di fisica, chimica e biologia, oltre a un'aula di disegno tecnico dove soffrivo facendo disegni con il compasso Rotring per poter passare la materia. Le feste scolastiche si tenevano nella sala delle assemblee. Ricordo che il Carnevale dell'84 o dell'83 fu un successo strepitoso, grazie all'esibizione da parte di alcuni alunni del numero del trio comico La Trinca "Las Hermanas Sisters". Ci sono foto, lo so, vediamo se qualcuno le trova. I laboratori erano ben attrezzati e ricordo che nel laboratorio di biologia c'era uno scheletro a cui gli studenti mettevano i mozziconi di sigaretta in bocca, con grande scandalo degli insegnanti.
Un altro spazio era l'aula di musica. Si trovava in un piccolo cortile dietro La Pedrera di cui la scuola si serviva. Con profili di alluminio prefabbricati come quelli usati per gli uffici, avevano costruito una lunga e moderna aula dotata di altoparlanti dove si svolgevano le lezioni di musica del primo anno di superiori e le guerre di gessetti tra le file di banchi, per la disperazione degli insegnanti e del preside.
La Pedrera era diversa a quei tempi. Era molto sfaccettata, come il Passeig de Gràcia dell'epoca, con un misto di atmosfera residenziale e commerciale. Molto calda e accogliente, molto umana. C'era una sala per il bingo pubblicizzata con luci al neon fissate sulla facciata dell'edificio, il laboratorio di calzature, il negozio di abbigliamento Parera, che ha chiuso di recente, una tipografia, un bar con un "menu turistico" dove mangiavano alcuni insegnanti e, soprattutto, il negozio di alimentari del signor Solé.
Il negozio di alimentari del signor Solé si trovava all'angolo con Carrer de Provença. Si trattava di un negozio all'antica, con scaffali pieni di ogni tipo di generi alimentari e bevande, che vendeva prodotti che non erano più reperibili in tutta Barcellona, come il "Latte Sali". Il signor Solé era un uomo piccolo e calvo, che portava occhiali con montatura spessa e lenti da presbite che rendevano i suoi occhi più grandi. Aveva un bancone con cestini pieni di lecca-lecca, gomme da masticare e dolciumi ordinatamente disposti e al prezzo di cinque pesetas. Su un altro bancone c'era una specie di grande coppa di vetro dove aveva sempre dei panini con cui ti preparava un panino con jamón serrano, prosciutto cotto o formaggio. Il signor Solé raccontava le storie dell'edificio a chiunque fosse interessato. A quel tempo aveva lì il suo negozio da più di 40 anni, da prima della guerra. Egli sosteneva che solo il piano terra e il primo piano della Pedrera erano in pietra, mentre i piani superiori erano in cemento... Spiegava anche che prendeva i dipendenti che lavoravano per lui da una scuola per orfani e che uno di loro aveva iniziato come apprendista ed era andato in pensione avendo lavorato sempre per lui. Il signor Solé era invecchiato e alla fine confondeva le monete, se compravi cinque pesetas di caramelle lui ti dava il resto di cinquanta invece di venticinque. Ma anche quel negozio cedette alle Olimpiadi.
E così passarono quattro anni, tra risate, tante ore di studio, primi amori, amici indimenticabili e tanti aneddoti, come quella battaglia di palle di neve che facemmo durante la piccola nevicata dell'inverno dell'83 all'angolo di Passeig de Gràcia. Da quella scuola uscirono uomini di spicco della società di oggi e anche qualche coppia.
Una volta, aprendo una porta, mi rimase in mano una maniglia. Era un pomello originale disegnato da Gaudí, unico, non ce n'erano due uguali, ed era fatto come di ottone ritorto. Ero tentato di tenerlo, non c'era nessuno, ma la mia coscienza civica ebbe la meglio e lo consegnai al bidello, che mi mostrò un cassetto pieno di pomelli e mi disse che venivano conservati perché erano opere d'arte uniche, e mi ringraziò per il gesto.
E questa è la mia testimonianza sulla Pedrera. Non ho fotografie dell'edificio. È buffo. Gli studenti (allora non c'erano nemmeno le macchine fotografiche digitali) non si scattavano fotografie nella Pedrera, forse perché inconsciamente per noi era una specie di prigione dove passavamo molte, molte ore di lezione. Eravamo la generazione del '66 della Pedrera.
Juan Bernardo Nicolás Pombo. Studente dell'ICEJ. Anni 1980-1984.